Ninou Administrateur
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| Sujet: Un kamikaze riporta Mosca nell’incubo della guerra del Caucaso - 23/01/2011 Mar 25 Jan - 19:08 | |
| Un uomo con cinque chili di tritolo in corpo si è fatto esplodere ieri al Domodedovo, l’aeroporto più importante di Mosca. I morti sono almeno 35 e il ministro delle Emergenze ferma a 168 la conta dei feriti. Fra loro ci sarebbero un italiano – l’elenco messo a disposizione dalle autorità russe riporta il nome di Romano Rosario, 60 anni, ma la Farnesina non è in grado di confermare prima che il Foglio vada in stampa – un francese e un britannico. Anche la lista delle vittime, che resta riservata, contiene tre nomi di cittadini stranieri. L’attacco è avvenuto alle 16.40 di Mosca (le 14.40 in Italia) nel terminal degli arrivi internazionali. Non è chiaro se il kamikaze fosse appena atterrato a Mosca o se fosse già nell’aeroporto. Un video girato con un telefono cellulare – e caricato sul sito internet YouTube – mostra una sala del Domodedovo avvolta da un fumo bianco e sottile. A terra ci sono decine di corpi senza vita. Alcuni soccorrono i feriti. “Trasportavano fuori i morti sui carrelli dei bagagli”, ha detto un testimone intervistato dal Primo canale della televisione russa. All’inizio, i servizi di sicurezza (Fsb) hanno attribuito la responsabilità ai terroristi ceceni e hanno dichiarato di seguire tre sospetti “arrivati dal Caucaso del nord”. Non potrebbe essere diverso: negli ultimi quindici anni i ribelli hanno colpito Mosca in ogni modo, hanno tenuto sotto assedio i suoi teatri, hanno nascosto bombe sui vagoni della metropolitana, sono riusciti a minare i binari dei treni. Ma le prime tracce raccolte al Domodedovo dicono che il kamikaze “aveva tratti arabi”, il che obbligherà gli investigatori agli straordinari. Il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha convocato una riunione d’emergenza e ha rinviato il viaggio a Davos, dove avrebbe dovuto aprire il Forum della finanza. Il capo del Cremlino ha ordinato un “regime speciale” per alzare il livello della sicurezza nei punti strategici del paese. Il suo potente premier, Vladimir Putin, ha garantito la solidarietà della nazione ai feriti. Sono decine i messaggi arrivati al Cremlino dai leader internazionali. Il segretario della Nato, Anders Fogh Rasmussen, è stato il primo a contattare Medvedev. “Siamo insieme in questa lotta – ha detto – Questo è il motivo per il quale nel Consiglio Nato-Russia dobbiamo rafforzare la nostra collaborazione nella guerra al terrorismo”. Il presidente della Commissione europea, José Manuel Durão Barroso, ha condannato “il vile attentato terroristico” del Domodedovo. Per il capo della Casa Bianca, Barack Obama, è un attacco “scandaloso e premeditato”. Il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha parlato di “attacco barbaro e ingiustificabile”. Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato un messaggio al Cremlino. Non è la prima volta che i terroristi passano per il Domodedovo. Nel 2004, la polizia bloccò per qualche ora due donne del Caucaso che cercavano di salire su due voli diversi. Le donne riuscirono a imbarcarsi dopo i controlli e qualche domanda. Una volta a bordo si fecero esplodere, e il bilancio allora fu di novanta vittime. La strage mise in evidenza tutte le falle dei sistemi di sicurezza negli aeroporti russi. L’attacco di ieri mostra che molti problemi devono ancora essere risolti: secondo le prime dichiarazioni degli inquirenti, non tutti i sistemi di controllo erano in funzione. Questo è il secondo grande attacco contro Mosca degli ultimi dodici mesi. Lo scorso anno, una doppia esplosione nelle gallerie della metro ha fatto 39 morti e ha messo in discussione la fine delle operazioni militari stabilita da Medvedev nel Caucaso russo. La guerriglia cecena non attraversa il suo momento migliore. Il vecchio leader Dokku Umarov, quello che ha ricostruito la brigata dei martiri di Ryad us Saliheen, il reparto responsabile degli attacchi suicidi, ha problemi di legittimazione, tanto che molti lo danno per morto. Contro di lui ci sono i giovani lupi che chiedono attacchi più violenti ai simboli del potere russo, ma cresce anche il numero di combattenti turchi, azeri, sauditi e algerini che hanno scelto di morire per la variante caucasica del jihad. Un anno fa, l’Fsb ha ucciso l’egiziano Mokhmad Mohamad Sabban, conosciuto come “la spada dell’islam”. Guidava una cellula di al Qaida che aveva il compito di raccogliere fondi per la guerriglia. Pochi mesi prima era toccato al Dottor Muhammed, un algerino eliminato al confine tra il Daghestan e la Cecenia. Sources : FOGLIO QUOTIDIANO di Luigi De Biase |
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