Pochi ne parlano ma per i soldati italiani in missione sono giorni di retate e combattimenti. Gli alpini sparano a Bala Murghab, in un'operazione segreta protetta da bombardamenti Usa. E dove oggi è stato attaccato un convoglio.Nessuno ne parla, ma ogni settimana in Afghanistan i soldati italiani combattono. Dalle basi avanzate, le unità operative di blindati Lince - chiamate Task Force - si muovono per rispondere agli attacchi dei talebani o per prevenirli, in un paese dove gli scontri non conoscono più tregue, nemmeno nel rigore dell'inverno. Proprio durante una di queste missioni, ieri i guerriglieri hanno attaccato una colonna di alpini.
Domenica 5 e lunedì 6 nella regione che confina con l'Iran sono entrati in azione i lagunari, reparto nato per combattere nelle paludi e negli sbarchi dal mare che adesso invece opera nel deserto roccioso: tutta la base di Farah si è mobilitata per una retata di guerriglieri che ha impegnato cinquanta veicoli.
Obiettivo era quello di "bonificare" la zona alle spalle del fortino di Bala Baluk, dove erano stati segnalati nuclei di miliziani. Si sono mossi in 400: lagunari, marines americani, fanti afghani con la scorta di cingolati da combattimento Dardo dei bersaglieri. Due villaggi sono stati circondati dalle truppe occidentali e perquisiti casa per casa dai militari afghani, interrogando cinquanta persone e arrestando sei talebani.
Insomma, un vero rastrellamento in grande in stile, per proteggere i distaccamenti italiani e riaffermare l'autorità del governo di Kabul. È una zona dove l'ostilità verso gli occidentali è molto forte: nel 2009 ci furono bombardamenti americani che provocarono numerose vittime civili. Anche per questo i soldati italiani hanno moltiplicato le iniziative di sostegno alla popolazione e affidano ogni controllo diretto all'esercito afghano, l'unica istituzione rispettata da tutte le etnie.
Nelle stesse ore di questo rastrellamento, invece, i talebani sono passati all'assalto più a Nord, sul confine con il Turkmenistan. Sabato 4 dicembre hanno fatto fuoco contro una postazione avanzata americana, inserita nel dispositivo difensivo italiano di Bala Murghab: il castello che domina le strade chiave per il traffico di oppio e i rifornimenti di armi dei fondamentalisti.
Il comando statunitense ha chiesto il soccorso agli alpini, che hanno sparato con i mortai pesanti da 120 millimetri, potenti come cannoni. Ma i colpi non hanno rotto l'assedio e sono entrati in azione gli aerei dell'Us Air Force. Un grande bombardiere B1 ha sganciato numerosi ordigni "di precisione" contro le posizioni dei talebani. Poi sono arrivati i caccia F15E Eagle che hanno sorvolato la zona, lanciando scie di inganni luminosi per convincere gli attaccanti a ritirarsi. Domenica però gli scontri sono proseguiti, impedendo alle colonne di soccorso di raggiungere la postazione americana.
Altre squadriglie si sono fatte sotto, aprendo la strada ai rinforzi italiani della Task Force North, partiti da Bala Murghab. Dopo poco più di 24 ore è scattato il contrattacco, con i commandos della Task Force 45 che si sono lanciati all'inseguimento dei guerriglieri: un'operazione segreta, come tutte quelle che caratterizzano l'attività di questo reparto che raccoglie i migliori incursori italiani e che opera direttamente agli ordini del comando Nato di Kabul. Nell'oscurità che precede l'alba, le forze speciali hanno tagliato la fuga dei miliziani, ingaggiando una serie di sparatorie proseguite per oltre 36 ore. Ma oggi i talebani hanno preso di mira un convoglio di alpini, facendo fuoco contro due Lince. Gli italiani hanno risposto al fuoco, poi l'intervento di due elicotteri da battaglia Mangusta ha messo in fuga gli aggressori.
Tra Bala Murghab e Bala Baluk ci sono diverse centinaia di chilometri di distanza. E per capire la guerra in Afghanistan non bisogna mai dimenticare le dimensioni di questo paese. Nella zona centrale del distretto occidentale, affidato al comando italiano, un solo reparto deve garantire la sicurezza di un'area di 30 mila chilometri quadrati, ossia grande quanto Piemonte e Valle d'Aosta, dove vive oltre un milione di persone. Il tutto affidato alla Task Force Centre, con base a Shindand: un nucleo di alpini provenienti dal quinto reggimento di Vipiteno. In un solo mese, le loro colonne di blindati Lince hanno percorso 50 mila chilometri in duecento missioni per mostrare la presenza delle forze Nato in oltre 1100 villaggi.
Sources - Gianluca Di Feo - L'ESPRESSO